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La customer experience è un elemento fondamentale di qualsiasi strategia di marketing. E’ frutto di progettazione, della capacità di raccogliere evidenze e utilizzarle per migliorare il rapporto tra consumatore e brand.
La sua centralità non è stata messa in discussione dai cambiamenti innescati dalla pandemia. Anzi, se possibile, ne è uscita rafforzata. Allo stesso tempo, ha intrapreso un percorso di evoluzione. Chi vende un prodotto, soprattutto nei punti fisici, non può esimersi dal comprendere questi cambiamenti e sfruttarli a proprio vantaggio.
Prima di presentare i cambiamenti che hanno attraversato (e stanno attraversando) la customer experience è bene fare il punto su cosa sia, in realtà, la customer experience. Come molte espressioni mutuati dal contesto anglosassone, è infatti oggetto di alcune false credenze e fraintendimenti.
Molto banalmente, per customer experience si intende l’insieme di interazioni tra il consumatore e un brand durante il (più o meno lungo) percorso che porta il primo ad acquistare un prodotto e un servizio. Tale percorso ovviamente comprende varie tappe, che precedono e spesso seguono l’acquisto stesso.
La customer experience è fondamentale in quanto ormai da qualche decennio non basta che un prodotto o un servizio sia di qualità per soddisfare gli obiettivi di vendita. I motivi di questa dinamica sono molteplici, ma tre hanno inciso più degli altri: l’ampiezza crescente dell’offerta, e l’inasprimento delle dinamiche concorrenziali; la progressiva importanza che le opinioni dei clienti hanno acquisito nel processo decisionale degli potenziali clienti; la consapevolezza sempre più intensa dei consumatori circa il proprio ruolo e le proprie prerogative.
Sia chiaro, l’attenzione “all’esperienza” è sempre stata un fattore decisivo, ma adesso (anzi, da qualche decennio) tale attenzione si è codificata in una serie di dinamiche, prassi e best practices.
Se è vero che la customer experience si gioca sulle interazioni, allora è inevitabile pensare all’emergenza sanitaria come a un evento dirompente, capace di sparigliare le carte in tavola e imporre soluzioni diverse.
Anche perché, a netto della crescente importanza del digitale, l’interazione più efficace è quella fisica, che avviene in un luogo ben preciso, al cospetto di altre persone.
Non è un caso che i progressivi miglioramenti della customer experience abbiano interessato soprattutto contesti “fisici”, come gli store, le fiere, gli eventi. Interagire con il brand e con il prodotto, e farlo di persona, rappresenta l’elemento preponderante di una customer experience degna di questo nome.
Questo significa che in una epoca di eventi vietati e interazioni limitate (in alcuni periodi molto limitate) la customer experience è impraticabile? Ovviamente no. Semplicemente, si è adattata alle esigenze, e l’ha fatto in fretta.
Tale percorso di adattamento ha seguito due strade. La prima è quella della conversione all’online della customer experience. Per molti tale processo ha generato solo dei surrogati di esperienza, ma di certo la cosa non ha stupito nessuno, consumatori in primis, consapevoli della necessità di spostare tutto o quasi dalla presenza fisica alla presenza digitale (rapporti affettivi compresi).
I brand, tutti – dal più piccolo al più grande – hanno dovuto traslare molte delle attività in rete, preparando dei percorsi di interazione specificatamente pensati per la fruizione online. A partire dalle piattaforme di vendita, come si evince dall’esplosione degli e-commerce e dei marketplace. A seguire, tutto ciò che viene prima e dopo l’acquisto.
L’emergenza sanitaria prima o poi volgerà al termine. Torneremo ad affollare centri commerciali, punti di vendita fisici, piazze, strade, eventi e fiere. Il know-how acquisito giocoforza dai brand in questo anno, tuttavia, tornerà utile anche in futuro. In primis, perché un gran numero di persone ha imparato ad apprezzare l’online; secondariamente perché una customer experience parallela, tutta in digitale, è una risorsa valida, un’alternativa da praticare per vendere meglio e più in fretta.
Fin qui, il cambiamento più scontato: la digitalizzazione. Tuttavia, il percorso di adattamento ha condotto i brand verso un altro tipo di obiettivo. Ovvero, la ricerca della compatibilità tra le customer experience più “pure”, quelle in presenza, e le esigenze di sicurezza.
Una ricerca a tratti difficoltosa, ma che per molti ha prodotto i frutti sperati: la conservazione e spesso l’implementazione di interazioni genuine e quindi efficaci con il consumatore.
D’altronde, si è trattato di regalare una esperienza reale, ma con mascherine, con l’impossibilità di condividere e far condividere prodotti e servizi a più persone contemporaneamente.
Ecco che si è puntato sulla costruzione di percorsi tali da rispettare le regole di distanziamento ma comunque significativi per i consumatori. Percorsi frutto dell’ingegno, ma che hanno rappresentato una ventata di aria fresca, in una prospettiva che comunque cavalcasse le dinamiche di sempre.
Le promozioni instore, in un’ottica di customer experience, non sono cessate. Sono semplicemente cambiate.
Dunque, i due più grandi cambiamenti nella customer experience sono i seguenti: “surrogazione” in senso digitale, e adattamento creativo dei percorsi in store, o comunque in presenza.
Cambiamenti iniziati nel 2020, ma che hanno raggiunto la loro forma compiuta in questo 2021.
Essi rappresentano una sfida, soprattutto per chi decide di prendere la via più efficace e difficoltosa allo stesso tempo: il mantenimento della customer experience in store.
Non una sfida che si possa affrontare da soli. E’ necessario un supporto specializzato, il contributo di una realtà che sia consapevole delle trasformazioni e capace di cavalcarle. Un’agenzia di marketing operativo, per esempio.
Per la precisione, Hostess&Promoter.
Noi di Hostess&Promoter adottiamo un punto di vista particolare: da un lato agiamo sul campo, contribuendo al successo di imprese, aziende, punti vendita. Dall’altro prestiamo attenzione a quanto accade intorno, intercettando i trend e adeguando le nostre prassi.
Il nostro contributo può essere fondamentale anche e soprattutto nei periodi di trasformazione, quando il cambiamento imperversa. Periodi come questi, che rischiano di creare disorientamento anche nei brand più naviganti. Noi sappiamo come trasformare il cambiamento in opportunità, il disorientamento in un piano di azione efficace e coerente con le esigenze del momento.
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