Questa foto è stata scattata in periodo pre Covid 19
Il mondo del commercio e del marketing si sono evoluti verso tante strade diverse negli ultimi anni. Quello che è certo è l’assoluto distacco dalle antiche tecniche di vendita che miravano a bombardare di informazioni il cliente finale con il preciso intento di generare un ammorbidimento psicologico, ovviamente con l’obiettivo di concludere la vendita.
Il moderno direct marketing, le promozioni dedicate direttamente al consumatore finale nel territorio di vendita, ha saputo evolversi verso terreni molto più sofisticati ed efficaci rispetto al passato, non solo per quanto riguarda il sell-out finale ma anche per l’acquisizione di una forte fiducia nel brand sponsorizzato.
La parola d’ordine è far “vivere” un’esperienza alla persona, coinvolgendola emotivamente e stimolando un approccio dinamico e sensoriale che coinvolga tutti i suoi sensi.
La promozione, per essere efficace, deve necessariamente essere sviluppata in sintonia con il cliente finale dopo una sorta di profilazione dei gusti, del comportamento e del proprio target specifico.
E’ importante ricordare infatti che ogni cliente che entra in un negozio, prima ancora di far parte di questa “astratta” categoria, è una persona. E come tutti ha il proprio carattere, gusti e comportamenti. Il lavoro più difficile di un promoter è quello di mettersi subito in sintonia con “la persona”, cercando di capirne personalità e carattere al primo approccio, e infine utilizzare le informazioni ottenute per indirizzare il proprio lavoro verso il fine voluto e più efficace.
Un approccio mono direzionale e schematico risulterebbe troppo vago: le persone sono sempre più diverse, sia nei gusti che nelle necessità.
In questo senso, è obbligatorio che chi esegue questo direct marketing sia specificatamente formato nella profilazione del cliente finale e possegga competenze specifiche sui prodotti, per cercare di utilizzare quante più “frecce” del suo arco a disposizione.
I negozi che soffrono la concorrenza del digitale riusciranno a vincere se sapranno bilanciare nel modo più intelligente il giusto mix tra comunicazione diretta e indiretta, andando a potenziare proprio la prima, spesso bistrattata.
Non basta essere semplicemente presenti nello shop, ma coinvolgere il cliente in una esperienza dinamica e far provare in prima persona il prodotto attraverso giochi ed eventi specifici. La mera e fredda dimostrazione è una strada percorribile, ma ormai obsoleta e che può essere sostituita dal coinvolgimento diretto che riesce a generare emozioni.
Questa foto è stata scattata in periodo pre Covid 19
Come abbiamo già detto, scatenare emozioni è il giusto modo di fissare nel cliente finale un ricordo più possibilmente bello e positivo, non solo in chiave vendita, ma anche per la credibilità e l’attrazione del brand sponsorizzato che così assume una reputazione sempre migliore.
Pensiamo al settore tecnologico, per esempio, e di come riesca a incuriosire sempre di più tante persone tramite lo spostamento degli investimenti pubblicitari sul punto vendita diretto (si pensi ai digital signage, layout personalizzati, aree dedicate, la stampa o il fronte espositivo con colori, grafiche e cartellonistica), sopratutto a causa dell’altra domanda generata dalla pandemia Covid-19.
L’affollamento pubblicitario rende indispensabile il fattore umano per far spostare l’attenzione, informare il cliente finale, coinvolgerlo in attività dinamiche attraverso un promoter che vive lo spazio vendita e sa indirizzare il cliente a suo piacimento.
Qualche esempio. Nel settore smartphone e tablet è possibile installare dei piccoli set fotografici per far scattare direttamente le persone interessate e renderle per un momento dei veri e propri fotografi professionisti. Dopo avergli spiegato il modo migliore per fare una foto e avergliela fatta fare, è coinvolgente vederle sorprese dei risultati da loro stessi ottenuti con così poca fatica, scatenando divertimento e interesse per il prodotto appena provato. Una piccola stampa finale potrebbe essere il giusto premio per un gioco che sicuramente rimarrebbe fissato nella mente in modo positivo.
Ma ancora, nel campo alimentare è sempre molto appassionante creare piccoli spazi dedicati per cucinare e far provare i piccoli elettrodomestici, creare, assaggiare (quando sarà permesso nuovamente farlo, ovviamente). Veri e propri “chef-promoter” possono far cucinare il cliente finale e fargli rendere conto che, in fondo, non era così difficile utilizzare quel forno a microonde o impastatrice.
Le modalità di coinvolgimento attivo e “divertente” sono infinite e ad ogni campo specifico si possono applicare proprio grazie alle competenze specifiche del promoter in-store.
L’attività con il cliente deve essere comunque veloce, rapida, efficace per non rischiare di annoiare o di coinvolgere uno scarso numero di persone. Il focus principale deve comunque rimanere quello sul prodotto, prima ancora che al “gioco”. Il divertimento e l’attrazione generata sono fondamentali per l’approccio verso la vendita ma l’obiettivo finale rimane sempre il sell out e aiutare il PV in questo senso.
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