In questa guida parliamo di customer journey, ovvero l’articolato percorso che il consumatore effettua mentre interagisce con un’azienda e i suoi prodotti.
Si tratta di un concetto fondamentale, in quanto permette di aumentare le vendite e di intensificare la propria presenza nel mercato di riferimento. Soprattutto, è un concetto che dovrebbero padroneggiare tutte le aziende, piccole e grandi, incentrate sull’online o sull’offline.
Forniremo una definizione stringente, elencheremo e descriveremo le varie fasi, rifletteremo sui vantaggi che una piena consapevolezza del customer journey comporta. Infine, introdurremo tool e metodi per sfruttarlo a proprio vantaggio.
Il customer journey, da un punto di vista prettamente semantico, è esattamente ciò che il nome suggerisce: il viaggio del consumatore. La prima domanda che viene in mente è… Viaggio verso dove? Ovviamente, verso l’acquisto.
Dal punto di vista meramente tecnico, invece, il customer journey è il percorso che il consumatore compie dalla presa di coscienza di un bisogno o di un prodotto, all’acquisto del prodotto vero e proprio. A quest’ultima fase ne può seguire un’altra (in effetti auspicabile) l’acquisto di un secondo prodotto, poi di un terzo etc.
Ogni settore, ogni azienda, ogni prodotto vanta il suo customer journey. Le tappe sono differenti, nel senso che hanno luogo in punti diversi, chiamati per l’occasione “touchpoint”. Tuttavia, queste tappe svolgono tutte le medesime funzioni, sicché è possibile individuare degli schemi ricorrenti.
Conoscere gli schemi ricorrenti significa capire come il consumatore, in genere, si muove.
Conoscere i touchpoint che il proprio consumatore tipo calca significa mappare il suo customer journey. A sua volta, ciò consente di manipolare il “viaggio” a proprio piacimento, in modo che porti alla meta desiderata: l’acquisto e il riacquisto. Consente, in definitiva, di creare un customer journey a proprio uso e consumo.
Mappare il customer journey è fondamentale anche per altri motivi.
Il primo consiste in un fatto tutto sommato banale: solo alcuni consumatori completano il viaggio. Ogni tappa sancisce l’abbandono di qualche consumatore, più si va avanti più il rischio di abbandono si fa più elevato. E’ il meccanismo dei funnel che fa capolino anche qui.
Il secondo motivo è il seguente: se è vero che gli schemi, o le fasi, sono grossomodo trasversali ai settori, alle aziende, ai prodotti, lo stesso non si può dire dei touchpoint e delle modalità con cui le tappe vengono percorse. Anzi, questi possono essere diversissimi. Conoscerli vuol dire gestirli al meglio, ottimizzare ciascuna tappa affinché incoraggi il proseguimento del viaggio.
Insomma, mappare il customer journey significa aumentare la quota di potenziali clienti che il viaggio lo compiono per davvero. Significa allargare la base clienti e aumentare le vendite.
Ma quali sono le fasi del customer journey, ovvero i passaggi che tutti i consumatori compiono, a prescindere dal settore, dall’azienda, dal prodotto? Quali sono questi schemi ricorrenti? Ebbene, a riguardo sussistono varie ipotesi. Tutte si assomigliano, ma alcune sono più complete ed esaustive di altre.
Qui presentiamo la “struttura” del customer journey più famosa in assoluta, quella proposta da McKinsey nel 2009.
E’ la prima tappa del customer journey, quella in cui il potenziale cliente viene a conoscenza del prodotto.
I touchpoint sono i più svariati ma dipendono principalmente dalle azioni di comunicazioni svolte da chi vende: spot, adv sui social, post organici, post di blog. Tuttavia, anche il semplice passaparola può essere un volano per l’awareness.
In questa seconda tappa il potenziale cliente prende familiarità con il prodotto, impara a riconoscerlo in mezzo alle tante alternative. La fase di Familiarity è ancora saldamente in mano all’azienda, quasi per definizione, in quanto dipende principalmente dalla frequenza con cui i contenuti pubblicitari raggiungono il potenziale cliente e dalle attività di retargeting. Già qui, tuttavia, si può intravedere un movimento caotico, nonché il rischio di perdere di vista il potenziale cliente.
E’ la fase decisiva. Il potenziale cliente valuta il prodotto, compie ad ampi balzi il suo personale processo decisionale.
Questa tappa è gestita quasi in autonomia dal cliente, che può scegliere tra una pluralità di canali, metodi e contenuti per farsi un’idea, per maturare un giudizio. Può comunque essere imbeccata e ottimizzata dall’azienda.
E’ l’apice del customer journey, la sua meta primaria. In questa fase, il potenziale cliente semplicemente acquista, si trasforma in cliente acquisito. Un primo risultato è stato raggiunto.
Per l’appunto, il “purchase” è solo il primo risultato. C’è un secondo obiettivo da portare a termine, ovvero quello di fidelizzare il cliente. Il pallino passa di nuovo all’azienda, che deve improntare una comunicazione post-vendita tale da sfruttare al massimo l’acquisto.
Lo scopo ultimo è intrappolare il cliente in un loop, in cui all’acquisto di un prodotto si aggiunge la scoperta di un secondo (awareness), l’approfondimento (familiarity), la valutazione e via discorrendo.
La fase di Loyalty trasforma quindi il “viaggio” in un percorso circolare, più utile ai fini aziendali.
Lo scopo ultimo del mapping del customer journey è aumentare le vendite. Esiste però tutta una serie di obiettivi intermedi che non vanno disattesi. Ovvero…
–Allineare le attività di comunicazione e marketing con le aspettative dei clienti, in modo che il customer journey scorra fluido e porti alla meta il maggior numero di persone possibili.
–Ottimizzare i touchpoint, ovvero efficientare i punti di contatto consumatore-azienda, in modo da eliminare quelli ridondanti o che causano una deviazione dal percorso.
–Ottimizzare l’attività di tutti gli operatori aziendali. Mappare il customer journey, e diffondere tale mappa a tutti gli operatori, consente a questi ultimi di maturare la necessaria consapevolezza su ciò che va fatto (e come) per incentivare il consumatore a proseguire il percorso.
Esistono tool e strumenti che facilitano la mappatura? Ovviamente sì. Alcuni sono sempreverdi, allorché “antichi”, altri più moderni. Tra questi ultimi figurano le app di customer relationship management che consentono di monitorare le azioni degli utenti, e di inserirle all’interno di un flusso.
Tra i primi figurano invece…
–Sondaggi. Sono gli strumenti più consolidati ma anche più efficaci. Consentono di raccogliere impressioni e informazioni dei consumatori a mano a mano che percorrono il “journey”.
–Recensioni. Sono fondamentali soprattutto per comprendere cosa accade tra la fase purchase e l’eventuale fase Loyalty. Le opinioni dei clienti reali consentono di individuare gli elementi da migliorare nella comunicazione post-vendita.
–Interviste alla forza vendita. Laddove è prevista una forza vendita, questa va intervistata regolarmente per raccogliere informazioni. D’altronde, è a stretto contatto con i consumatori e quindi ne conosce le aspettative, le esigenze etc
–Monitoraggio social. Comprendere “cosa si dice in giro” è fondamentale per capire se qualche fase del Customer Journey non incontra il favore dei consumatori, se può essere gestita meglio.
Il tool più importante rimane però il capitale umano, ovvero il complesso di skill che esperti possono mettere in campo per mappare e ottimizzare.
Maturare queste skill in azienda è complesso. Il consiglio è di rivolgersi all’esterno, alle agenzie che fanno della gestione dei customer journey una delle attività principali.
Noi di Hostess&Promoter supportiamo le aziende (piccole e grandi) nelle attività di marketing strategico e operativo. Ci poniamo come risorsa a trecentosessanta gradi, capace di ottimizzare l’intero processo di vendita, a partire dalle primissime fasi fino a giungere alla fidelizzazione.
Se anche tu hai compreso l’importanza del customer journey, e della sua gestione in chiave strategica e operativa, contattaci.
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