Questa foto è stata scattata prima del Covid 19
Il marketing esperienziale è possibile in tempo di pandemia da Covid?
Come tutti sanno, il Covid ha sparigliato le carte in tavola, sia nella vita professionale che in quella privata. Alcune attività che prima venivano date per scontate oggi sono in pericolo. L’epidemia è ancora una realtà in buona parte del mondo, Italia compresa. Dunque, ci si chiede se e quando si potrà tornare alla normalità.
La questione, ovviamente, riguarda anche il marketing e il modo di fare marketing. Alcune azioni sono precluse, altre in via di trasformazione. Dove si pone il marketing esperienziale? Sono in molti a credere che tale risorsa debba essere messa in soffitta almeno per ora. La realtà, però, potrebbe essere più sorprendente di quanto sembra.
Prima di rispondere alla domanda è bene fare il punto sul marketing esperienziale, definirne modalità e confini. Per marketing esperienziale si intende quell’insieme di attività che punta a promuovere un brand, un prodotto, un servizio attraverso l’esperienza.
I messaggi riguardanti il bene da promuovere vengono veicolati non solo con immagini e parole, ma anche per mezzo di azioni che il potenziale cliente compie o è chiamato a compiere. In buona sostanza, egli effettua un percorso, partecipa a un evento che comunica e significa.
Il marketing esperienziale è una risorsa inestimabile. Permette infatti di ottimizzare alcune dinamiche, introducendone di nuove e più efficaci.
Punta al coinvolgimento del potenziale cliente. Egli smette i panni dello spettatore passivo e diventa elemento attivo. Non subisce il messaggio ma contribuisce egli stesso a crearlo all’interno della sua mente. Non è un dettaglio di poco conto: chi apprende agendo recepisce meglio di chi apprende ascoltando (o leggendo, o guardando etc.).
Tra l’altro, il marketing esperienziale permette di differenziarsi. Potenzialmente, non vi sono limiti alla creatività. E’ possibile creare percorsi sempre diversi. Ciò che più conta, diversi rispetto a quanto viene offerto dai competitor.
Oggi tutto ciò è messo in pericolo dal Covid. Non solo dalla malattia, che ovviamente occupa i pensieri delle persone e desta preoccupazioni, ma anche dalle legittime misure di contenimento che – non solo in Italia – il legislatore impone.
D’altronde, le misure di contenimento tendono, certo con vari gradi di pervasività, a limitare le azioni in presenza, le interazioni fisiche tra le persone. In particolare, si segnalano tutt’ora importanti ostacoli all’organizzazione di eventi che contemplino la partecipazione di più persone contemporaneamente.
Per chi si occupa di marketing esperienziale è una zavorra pesantissima, un limite difficile da superare. Molti dei percorsi che vengono progettati nell’ambito del marketing esperienziale, infatti, coinvolgono gruppi di persone, piuttosto che i singoli. Il motivo è ovvio: la presenza di altri individui, se possibile amici, aumenta il grado di coinvolgimento e introduce l’elemento del divertimento. Non di rado, i percorsi di marketing esperienziale coinvolgono intere comitive, nuclei familiari o semplicemente “cluster” di potenziali clienti. Pensiamo per esempio alle sessioni di fitness gratuito all’aperto. Anche quello è marketing esperienziale, e anche quello contempla una esperienza collettiva.
I problemi si intensificano quando la pandemia morde, e vi è addirittura una limitazione all’esercizio commerciale. In quel caso è veramente difficile pensare a un coinvolgimento diretto, a prescindere dalle modalità poste in essere per rispettare il distanziamento sociale.
Alla luce di queste dinamiche, è legittimo chiedere se il marketing esperienziale in tempo di Covid abbia senso di esistere, se possa essere messo in pratica in qualche modo.
La risposta è affermativa a entrambe le domande: il marketing esperienziale è possibile anche in questo assurdo periodo. Ma a una condizione: deve cambiare.
E’ impossibile pensare al marketing esperienziale nei termini precedenti all’avvento del Covid, almeno non fino a quando la situazione non sarà tornata alla normalità (e potrebbe volerci molto tempo).
Insomma, le azioni devono adattarsi, i percorsi devono adattarsi. Come? In primo luogo, progettando azioni che prevedano una partecipazione individuale. Può sembrare un cambio di paradigma catastrofico, sia a livello operativo che strategico. Far partecipare una persona alla volta allunga le tempistiche, è vero.
Tuttavia, consente un diverso grado di coinvolgimento, forse più stretto, sicuramente più intenso. I tassi di conversione, se il percorso è individuale, potrebbero persino risultare più elevati.
In secondo luogo, occorre agire di creatività e, allo stesso tempo, comprendere/intercettare i nuovi bisogni. Tra questi, spicca quello di divertirsi anche fuori di casa. Una necessità, ora che molti dei divertimenti sono preclusi. Da qui, l’opportunità di creare percorsi che puntano all’intrattenimento, che offrano uno svago. Conciliare questa dinamica con gli obiettivi strategici non è semplice, ma il pensiero laterale (la creatività, appunto) viene in soccorso.
Il marketing esperienziale è un’attività di per sé complessa, in quanto rappresenta sempre una sfida inedita. Per definizione, un percorso non può essere uguale a un altro (o non dovrebbe esserlo, almeno). La pandemia ha solo “peggiorato” le cose. Eppure non dovreste rinunciare al marketing esperienziale, che è e rimane un’arma davvero efficace.
Come fare? Il consiglio è di abbandonare una volta per tutte l’improvvisazione, e rivolgersi a una realtà che ha già affrontato le sfide (di ieri e di oggi) e sa come aggirare gli ostacoli, cogliere le opportunità, ottimizzare i processi.
Una realtà come Hostess&Promoter, agenzia di marketing operativo abituata a reagire alle sollecitazioni che giungono dalle contingenze, ad adattare le soluzioni di sempre alle esigenze attuali.
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