Questa foto è stata scattata prima del Covid 19
Il Covid 19 ha cambiato molte cose, in tanti ambiti. E sì, ha cambiato anche il marketing. In particolare, si è abbattuto pesantemente sul marketing esperienziale. D’altronde, questa attività coinvolge fisicamente le persone, facendo leva su una dimensione che è ancora compromessa dalle necessità del distanziamento sociale.
Tuttavia, cambiamento non significa necessariamente “fine”, e nemmeno “cambiamento in peggio”. Ecco, dunque, una panoramica del marketing al tempo del coronavirus, e in particolare del marketing esperienziale.
Prima di descrivere i cambiamenti intercorsi nel marketing esperienziale è bene fare il punto su cosa sia, il marketing esperienziale. Ebbene, con questa espressione si intende quell’insieme di attività che punta alla realizzazione degli obiettivi (di vendita, ma non solo) attraverso la costruzione e la fruizione di una esperienza.
Nella stragrande maggioranza dei casi, fare marketing esperienza significa organizzare eventi in cui l’individuo dismette (all’apparenza) i panni del potenziale cliente passivo, e si trasforma in un fruitore attivo. La ricezione e la comprensione dei messaggi, che possono riguarda il prodotto come – più spesso – il brand avviene attraverso la partecipazione a una esperienza.
Si tratta di un modo molto intelligente di fare marketing. In primis, si supera il consueto limite della comunicazione a fini di marketing, ovvero lo scetticismo che nasce dalla consapevolezza, per il potenziale cliente, di subire un tentativo di persuasione. Anche perché, come già accennato, nel marketing esperienziale il potenziale cliente non subisce, ma partecipa.
In secondo luogo, sfrutta leve molto efficaci, che hanno a che vedere tutte con il coinvolgimento. E’ una dinamica che riguarda il comportamento umano in generale: quando un individuo è coinvolto, recepisce meglio, la sua memoria registra sensazioni e contenuti in modo molto più solido e duraturo.
Il marketing esperienziale è interessante perché porge il fianco alla creatività. Le possibilità sono numerose, gli esempi molteplici, da quelli più tradizionali a quelli più borderline.
Un classico esempio di marketing esperienziale è dato dalla palestra che organizza sessioni gratuite di fitness all’aperto. Ma è marketing esperienziale anche l’organizzazione di un gioco, magari capace di coinvolgere i bambini. Lo stesso dicasi per una qualsiasi altra attività che richieda un’azione specifica da parte del potenziale cliente, come lo scattare una foto (e pubblicarla sui social) a una location allestita per stupire etc.
Questa foto è stata scattata prima del covid 19
In questo paragrafo non vogliamo certo fare un riassunto di quanto è accaduto nell’ultimo anno. Semplicemente, vogliamo dare contezza di quei cambiamenti nelle abitudini delle persone che, in un modo o nell’altro, possono incidere sul marketing esperienziale.
A tal proposito, va citata l’impossibilità di organizzare eventi di qualsiasi tipo, o comunque radunare molte persone nel medesimo spazio. Anche la necessità di indossare la mascherina limita il marketing esperienziale, in quanto limita a sua volta l’interazione tra le persone. Stesso discorso con l’interazione “ambientale”. Toccare un qualsiasi oggetto è diventato problematico, se a farlo sono in molti.
Questi cambiamenti, cui ormai molti si sono abituati, stanno modificano il volto del marketing esperienziale.
La buona notizia è che, trattandosi di una “disciplina” creativa, sta comunque trovando vie laterali per soddisfare i suoi obiettivi, e allo stesso tempo adeguarsi alle contingenze.
Dunque, com’è cambiato il marketing al tempo del coronavirus, anzi… Com’è cambiato il marketing esperienziale? Va detto che questi cambiamenti sono per ora accennati, anche perché non si rivoluziona una disciplina in qualche mese. Più che altro, si tratta di spunti.
Spunti che possono essere negativi, ovvero in grado di peggiorare l’efficacia delle azioni di marketing, pur rappresentando un palliativo fastidioso quanto necessario.
Spunti che possono essere positivi, occasione inaspettata per migliorare – addirittura – l’efficacia delle azioni di marketing.
Tra i primi spicca l’impossibilità di organizzare attività collettive (o almeno un’estrema difficoltà nel farlo). La folla è un moltiplicatore di emozioni, in un certo senso funge da leva per il coinvolgimento.
Un altro cambiamento negativo riguarda la necessità di ridurre al minimo le interazioni fisiche, non solo tra persone, ma anche rispetto agli oggetti. In questo modo, il marketing esperienza diventa soprattutto “visuale”, e viene a mancare un elemento di coinvolgimento importante e di sicuro effetto.
Tra gli spunti positivi, un po’ come il classico rovescio della medaglia, spicca la scelta obbligata di creare percorsi individuali. Se la folla, il gruppo non è più ammesso, allora è necessario puntare sul singolo. Questa dinamica, per chi la sa sfruttare, può tornare utile, permette al potenziale cliente, ovvero al fruitore, di sentirsi realmente al centro di un’esperienza.
Un altro spunto positivo, che però è giocoforza temporaneo, riguarda anche il sentimento con cui il potenziale cliente si approccia. In un mondo in cui le attività fuori casa sono ridotte al lumicino, in cui è alto il rischio di annoiarsi, la possibilità di partecipare a un “qualcosa di esperienziale” è accolta con maggiore favore, con maggiore coinvolgimento. Una dinamica utile e incisiva oggi, ma che è destinata a dissolversi una volta che le cose saranno tornate alla normalità
Uno spunto “neutro”, invece, è la necessità di preferire le attività all’aperto. Non che quelle al chiuso, magari all’interno di uno store, non siano consentite. Tuttavia, “outdoor” le persone si sentono più sicure, e in ogni caso è possibile aumentare l’affluenza.
E’ difficile adeguare il marketing esperienziale alle esigenze di questo periodo, sfruttare le dinamiche positive e neutralizzare quelle negative. Improvvisare significa condannarsi al fallimento. E’ necessario dunque, oggi più che mai, rivolgersi a degli esperti, che hanno già sviluppato un know-how circa il marketing al tempo del coronavirus, se così si può chiamare.
Esperti come i professionisti in forze a Hostess&Promoter, che hanno già adattato parte della loro offerta alle necessità correnti, senza che questa abbia perso di efficacia.
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