Sampling e testing sono due risorse fondamentali per chiunque voglia vendere un prodotto su larga scala e in modo organizzato. Come tante altre attività, tuttavia, il loro utilizzato è stato limitato dall’emergenza sanitaria e, nello specifico, dagli accorgimenti predisposti dal Governo per fronteggiare la pandemia.
In che modo? Cos’è cambiato a causa delle nuove coronavirus? L’argomento è complesso, e spesso è una questione di cavilli e interpretazioni… Ma proviamo a vederci chiaro.
Prima di capire come il sampling e il testing sono cambiati a causa del covid 19, è bene fare una panoramica delle due attività. Anche perché sono piuttosto simili, e possono generare una certa confusione.
Il sampling consiste nell’invitare un potenziale cliente a fruire il prodotto, magari in una forma ridotta o semplificata. Il suo scopo può essere immediato o a lungo termine. Nell’immediato, si punta a convincere il potenziale cliente ad acquistare il prodotto. Ovviamente, il sampling deve essere accompagnato da una descrizione dello stesso, effettuata da un operatore con intento persuasivo, pur in una prospettiva di trasparenza e onestà.
Nel lungo termine, il sampling può fungere da strumento di monitoraggio e verifica. In questo caso, il “sampler” è chiamato a comunicare un feedback. Questa applicazione è utile anche per comprendere non solo la qualità reale del prodotto, ma anche per verificare l’impatto presso uno specifico segmento di pubblico.
Il sampling avviene spesso in store. Per esempio, nei supermercati e nei centri commerciali si opta per il sampling “face to face”, soprattutto quando il prodotto è gastronomico.
Tuttavia, il sampling avviene anche a distanza, tramite la spedizione di campioni di prodotto direttamente al domicilio del potenziale cliente. Questa modalità rappresenta la norma nel settore della cosmetica e, più in generale, quando il prodotto richiede del tempo per essere fruito (un discorso è assaggiare un pezzo di formaggio, altro discorso è provare uno smalto).
Per quanto concerne il testing, con questo termine si intende la fruizione del prodotto da parte di un campione di consumatore allo scopo di verificare le prestazioni, i punti di forza, le debolezze etc. Lo scopo non è vendere, ma testare il prodotto prima che questo venga immesso nel mercato. Ovviamente, tale attività può coinvolgere anche prodotti esistenti, ma per le quali si sta progettando una modifica, un’innovazione. In tal caso, a essere verificata è proprio la modifica, o l’innovazione.
Spesso il testing è rivolto anche a un campione di consumatori specializzati, in possesso di competenze avanzate e dunque in grado di restituire feedback qualificati. Pensiamo solo agli influencer, che vengono cooptati con sempre maggiore frequenza nella parte strategica, e non solo in quella promozionale. Ovviamente, all’attività di testing – nella fattispecie – segue sempre la produzione di un contenuto promozionale, sponsorizzato.
Detto ciò, quali sono le conseguenze delle nuove norme sul coronavirus per sampling e testing? Per rispondere alla domanda occorre fare due distinzioni: conseguenze dirette delle norme e conseguenze indirette da un lato, divisione in zone dall’altro.
Le conseguenze dirette procedono da limitazioni specifiche, riguardanti nel dettaglio alcune attività. Le conseguenze indirette sono il frutto dei comportamenti a cui i consumatori sono spinti, a seguito delle norme.
Per quanto concerne la divisione in zone, sicuramente sapete di cose stiamo parlando: a seconda del “colore”, le limitazioni variano, alcuni esercizi sono chiusi altri no, alcuni esercizi possono erogare determinati servizi, altri meno.
Parlando di sampling, la conseguenza diretta più importante è il divieto di consumo di cibi/bevande nei luoghi pubblici (che è toutcourt nelle zone rosse e arancioni, e a partire da un determinato orario nelle zone gialle).
Ciò comporta il divieto totale/parziale di sampling di prodotto gastronomici all’interno dei supermercati e degli shop temporanei all’aperto, tra le altre cose. La conseguenza indiretta più evidente è invece la riduzione dell’afflusso di pubblico, che causa qualche problema anche ai sampling “non gastronomici”.
Per quanto concerne il testing, si segnala l’impossibilità di tenere eventi di testing, ovvero sessioni di testing condiviso, molto utile in quanto capaci di far risparmiare tempo, soprattutto in riferimento alla fase di “spiegazione” del prodotto.
Va detto, poi, che nelle zone in cui vigono le restrizioni più severe, ovvero nelle regioni rosse, sono vietati tutti gli spostamenti non necessari, dunque sarebbe teoricamente impossibile organizzare anche test uno ad uno. Alcuni potrebbero obiettare che sussiste il motivo di necessità, perché d’altronde si sta parlando di lavoro, ma in merito il Governo non si è espresso e, in generale, stiamo parlando – nella migliore delle ipotesi – di una delle tante zone d’ombra cagionate dalle norme.
Una soluzione c’è, ed è la soluzione che vale per qualsiasi attività che prevede un contatto con il pubblico: il rispetto delle norme stabilite con i dpcm e un po’ di strategia.
Spesso si pensa che l’attività di sampling sia possibile solamente in store, quindi all’interno del punto vendita. In realtà, conoscendo bene il proprio potenziale cliente si può procedere con un’attività di sampling e testing più mirata, messa in atto nei luoghi più idonei alle abitudini del target di riferimento, ovviamente nel rispetto della distanza di sicurezza e di tutte le norme previste dai dpcm.
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